Storie di Strada vissuta


INCONTRI DAI MARGINI DELL'INFERNO


Ore 8 del mattino. 
Uscita dal dormitorio, un intero edificio si svuota, gli orari erano severi per ingresso ed uscita ma oggi è domenica quindi ci era concesso uscire mezz'ora dopo. Mi incammino già stanco come se avessi un peso  da portare. Un motorino con tre giovani a bordo mi si affianca ed uno dei tre mi tira un "amichevole" ma forte pugno sulla spalla. Così pensavano di darmi un aiuto a svegliarmi... e vabbè. Incontro alcuni degli altri ospiti del dormitorio ed insieme cerchiamo di decidere come affrontare il nuovo giorno. 
Erano tutti molto più anziani di me, Enzo, un signore licenziato dalla sua professione di operaio a Cremona e ritornato a Napoli, Ciro il più anziano che di li a poco avrebbe ottenuto la pensione esibendoci i suoi investimenti in bracciali ed orologi, c'era l'altro Ciro, un ex bancario distintissimo che aveva lasciato il suo lavoro in banca chissà perché è che per questo era stato cacciato di casa dalla moglie ed era arrivato al dormitorio. Insieme decidiamo di andare verso il "suk" di Napoli stazione cioè un marciapiede che ancora oggi viene usato principalmente da extracomunitari per vendere la loro merce "ripescata" dalla spazzatura. In quel luogo incontriamo Massimo (nome di fantasia) che era un ragazzo tossicodipendente che aveva una mercanzia "raffinata" rispetto a quella degli altri: oggetti di antiquariato, argenteria, monili in metallo ecc ecc. Massimo aveva un modo estremamente educato di porsi e mentre il gruppo decise di spostarsi altrove io restai con lui per cercare insieme di "scappottarci" la giornata. Non si vende nulla quindi mi invita a casa sua ma prima passiamo per la mensa a prendere qualche barattolo di carne perché la doveva dare da mangiare al gatto. Massimo aveva una casa dove poter stare e mi raccontó che era un regalo della madre che avendolo allontanato dalla sua famiglia proprio a causa della scandalosa dipendenza, aveva cercato di compensare il tutto dando a suo figlio un posto dove abitare e non solo, almeno una volta alla settimana veniva a fargli le pulizie di casa. In quella casa, aveva un gatto che curava con amore e ricordo bene con quanta dedizione cercò di pulire la carne della lattina avuta dalla mensa da ogni traccia di carote o piselli o altro "perché al gatto fanno male". Ci mise un sacco di tempo mentre l'astinenza si faceva sentire eccome se si sentiva. Ancora oggi rivivo quel momento in cui la passione vince sul bisogno quasi fosse un senso del dovere all'ennesima potenza. 
Come finirà questa giornata?
Intanto Ciro, l'ex bancario mi aspetta giù e mi chiama per dirmi di aver trovato lavoro per lui e per me. Il lavoro consisteva in ripetizioni di doposcuola per una ragazza, sia di spagnolo e tedesco di cui Ciro era padrone che di materie scolastiche in generale ed in queste me la cavavo abbastanza bene.
Mentre ci incamminiamo mi venne spontaneo porgli una domanda: "senti Ciro" gli chiedo "ma se vuoi posso provare a parlarci io con tua moglie. Magari potrebbe riaccertarti in casa e...." "ma non hai capito." mi blocca subito "Io sono andato anche dal vescovo. Ci ha parlato lui con mia moglie ma niente. È irremovibile" mi disse "mi è rimasta solo una zia che ogni domenica mi offre il pranzo e mi da qualche abito. Anche se tu parlassi con mia moglie lei si farebbe una risata e Basta". Di questa storia non saprò mai nulla di più salvo sapere che dando le dimissioni aveva portato con sé la liquidazione. Intanto l'altro Ciro ed Enzo mi aspettano all'ingresso della circumvesuviana, non sapevano come fare per guadagnare qualcosa e magari mangiare un pasto decente.
"veniamo con te" mi dicono. 
Già. Vengono con me ma dove posso mai andare se ogni giorno è come un qualsiasi altro. Proviamo a prendere il treno e ci dirigiamo verso il Vesuvio, oltre il Vesuvio. Arriviamo presso un convento francescano dove sicuramente ci offriranno da mangiare ma prima compriamo uno scatolo con 50 penne e cerco di rivenderle ai fedeli che uscivano dalla messa. Qualcuno fa una offerta qualcun altro no ed alla fine abbiamo racimolato qualche migliaio di lire che dividiamo in tre. 
Dopodiché ci portano tre porzioni di pasta ed un pezzo di carne. Lo stesso che mangiano i francescani, hanno diviso il loro pasto con noi. 
Poi riprendiamo il treno per tornare a "casa". Loro si aspettavano di guadagnare qualcosa in più ma non è andata bene.
Ciro era il più anzianoe dopo qualche giorno avrà la fortuna di avere la pensione e ci abbamdonó completamente salvo farsi vedere di proposito mentre puliva i suoi bracciali d'oro. Chissà perché cambiò così. Enzo invece conservó uno stile dignitoso che lo distingueva da tutti gli altri ospiti. Ricordo che alla sera quando la struttura offriva ai suoi ospiti una grande sala per guardare la tv a volte il custode entrava è scherzando diceva che eravamo tutti dei ladri perché gli era sparita la sedia e mentre andava a prenderne una guardava Enzo e non poteva non aggiungere :"tutti ladri tranne uno". 
A me il destino riservó un viaggio in Calabria dove riuscii a salvarmi la vita. Una Suora che gestiva il dormitorio mi indirizzô verso il sert e mi mise in tasca il biglietto del treno. Suor Pasqua si chiamava. Quando ritornai "guarito" al dormitorio mi accolse e mi rifornì di viveri per la mia famiglia. 
Ritornai molti anni dopo al dormitorio come "inviato" della rivista dove avevo trovato lavoro. Ciro non mi ha più riconosciuto, l'ho incontrato presso il binario della solidarietà ma a nulla valsero i miei tentativi di ricordargli il passato: non ricordava nulla. L'altro Ciro più giovane lo vidi da lontano mentre camminava. Enzo invece mi riconobbe e mi raccontó che gli stavano insegnando ad usare il pc. 
Qualche tempo dopo due volontari mi dissero che era morto di grave malattia. 
Solo io so che visse. 





".... Certo la vita di un senza fissa dimora non sarà la migliore delle vite.... ma è pur sempre vita...."








Notte di strada 
*

La notte per strada è anzitutto il freddo, sono freddi anche i pensieri che ti vengono per la testa. Se riesci ad addormentarti sul pavimento capisci che il piu grande errore che potevi fare era di non mettere nulla di isolante fra il tuo corpo ed il pavimento. I cartoni sono un ottimo isolante termico ma a volte non si trovano, vanno letteralmente a ruba fra i senza dimora e se hai la sventura di essere talmente stanco da addormentarti senza ...allora ti svegli (se sei fortunato) tremando come non mai. A me accadde e fu terribile mi alzai senza smettere di tremare erano le 4 e mezza del mattino e mi  diressi verso il bar della stazione non avevo soldi ma un bisogno disperato di prendere qualcosa di caldo.  C'era una signora sulla sessantina in attesa del treno e chiesi a lei se poteva darmi qualcosa ma disse di no e me ne andai ma dopo qualche minuto sento la stessa signora che mi chiama e mi chiese cosa avrei dovuto farci con quei soldi. Le spiego il problema e lei si offre di accompagnarmi al bar e di pagarmi un caffèlatte. Capisco che si era impietosita guardandomi allontanare avrà avuto dei dubbi e vincendo una naturale "repellenza " mi aveva salvato dal freddo. Alla fine mi regalò 5mila lire dicendomi che erano tanti i tossicodipendenti e che non si fidava a dare soldi per evitare che li usassero per droghe.  Come darle torto?  comunque quel gesto mi salvò per quella notte.  Io credo negli angeli che in forme diverse ed incomprensibili si avventurano fra le persone facendo ciò che fanno. "Signora che aspettavi il treno quella notte, ovunque tu sia grazie per quello hai fatto"!

Così è la strada un posto disseminato anche di brava gente magari persone vissute che per lo meno sanno cosa significa gelare dal freddo. 
Di giorno bisogna trovare un posto al caldo quando invece è estate bisogna trovare un posto ove il sole non ti uccida. Di notte bisogna stare attenti perché può passare chiunque e può accadere qualunque cosa.  Una vita disperata la vita di strada ma nella sua drammaticità questa vita ti insegna delle cose che devono essere trasmesse come il fatto di non arrendersi mai,  di continuare a combattere ma solo per le cose veramente importanti, sopravvivere ad esempio. La nostalgia è una delle trappole che la strada usa per farti stancare prima.  i giorni del natale vedi famiglie stare insieme, coppie uscire coi bambini nonostante il freddo ...vedi la parte buona della società cioè la famiglia essere veramente famiglia.  tutti sembrano essere felici e ciò non fa che farti sentire ancora piu solo perché per essere felice devi spendere e se non hai nulla da spendere e sopratutto nessuno per cui spendere allora vedi centuplicata la tua solitudine. i giorni di natale poi le mense dove a volte servono pasti ai senzatetto sono stranamente chiuse e quelle che trovi sono così affollate che è impossibile ricavare qualcosa da mangiare.  i negozi sono pieni di lucine e decorazioni i negozianti sono euforici perche vedono aumentare i loro affari ma ciò aumenta anche la cattiveria ...e l' indifferenza.  se nei giorni normali un "barbone" puo restare davanti un magazzino per chiedere elemosina durante il natale questo non avviene perché tutto deve essere perfetto nelle apparenze. I negozi , la strada,  il grande magazzino ecc. tutto deve essere pulito per aumentare gli incassi e non disturbare i clienti. i custodi dei parchi, i portieri dei condomini hanno ricevuto precise indicazioni di allontanare eventuali disturbatori e quindi già da lontano ti guardano come se si preparassero a combattere.  poi tutto chiude e la notte del 24 dicembre diventa silenziosa dentro e fuori delle case. le automobili quasi svaniscono , quella notte in tutta la zona della stazione i semafori si arrestarono sul giallo.  a quel punto resti in attesa che tutto passi molto in fretta e trovi nell'alcool un complice spietato pericoloso ma anche da condividere.  
Il primo 25 dicembre passato a dormire sulla strada vedevo solo famiglie chiuse dentro loro stesse quasi "inscatolate' dal loro natale, dalle tende attraverso le quali si accendevano e spegnevano le luci dei loro alberi anche loro troncati e destinati alla strada, ma appunto è Natale. E gli altri? gli altri erano attorno a me nella sala d ' aspetto di una stazione che premurosamente qualcuno aveva lasciato aperta pur avvisandoci che i riscaldamenti sarebbero stati comunque spenti.  il freddo è terribile ogni notte quando si vive per strada ma chissà perché la notte di natale è sempre gelida come il ghiaccio e per questo una signora nella sala preferiva restare in piedi per poter appoggiare le mani su di un tubo che passando vicino al  soffitto portava acqua calda nella struttura esterna. la Signora era anziana e malata e per lei restare in piedi costava uno sforzo enorme eppure era preferibile al  freddo.  un altra donna anziana era raggiante perché suo figlio era venuto fino alla stazione per fargli visita e gli aveva anche detto che prima o poi la avrebbe portata a casa con se. Le chiesi perché non potesse portarla adesso ma non mi rispose ...però adesso era felice in fondo è sempre natale. Ed era natale anche per altri tre ragazzi che preferivano bere vino rannicchiati in uno spazio vicino alla porta ed anche per un'altra donna magrissima ed agilissima che strisciava sotto tutta la schiera di sedie della sala di attesa alla ricerca di avanzi di cibo, scatole di biscotti e di qualsiasi altra cosa avessero dimenticato i passeggeri ..quelli che avevano preso l'ultimo treno in tempo per passare il natale (appunto) in famiglia. a dire il vero c'era anche una famiglia che quel treno non aveva fatto in tempo a prenderlo non ricordo di dove erano ma ad un certo punto il "papà " di quella famiglia tiro fuori una bottiglia di spumante dalla sua borsa invitando tutti ad unirsi al  brindisi . Fu uno spettacolo. ed io? questa è la poesia di quella notte
 
Solo è:
una finestra chiusa sui marciapiedi del natale.
solo è: 
un altro giorno e un’altra notte. 
solo è: 
nessuno che parla perché non c’è nulla da dire

ma questa poesia in origine continuava con altre frasi 
solo è:
 il volto di mio padre nello specchio del carcere 
 solo è: 
tanto.. presto, forse domani tutto sarà finito 

la lessi a qualcuno 20 anni fa questa poesia lui mi disse: "essere soli è una conquista "
 non feci alcun commento
 


primo incontro: demonio in uniforme 
miano (napoli) anno 1995

Il ragazzo è un tossicodipendente,magrissimo e in stato di forte crisi d'astinenza. Sta andando, come fanno tanti altri tossici come lui, in uno spazio tra i cespugli di un terreno incolto fra le macerie di vecchie abitazioni, e li' si accinge a preparare la sua dose.
Il primo passo è quello di passare il contenuto della "bustina" in una fiala d'acqua distillata opportunamente preparata per questo uso.
Questa è una operazione delicata che molti bucomani eseguono con le mani tremanti anche perchè sanno che tra pochi secondi l'astinenza si fermerà per qualche ora forse, Il loro soffrire atroce si interromperà concedendo una tregua ....a volte per sempre.
Ma non fa in tempo a terminare la procedura, una volante si ferma a pochi metri ed un agente già ha spostato le foglie dei cespugli per guardarlo meglio. Ma è strana questa guardia... sorride ed è seguito da un altro tossico coi suoi "attrezzi" nelle mani e una siringa "all'orecchio"
( si proprio come si fa con le sigarette...) e anche lui sorride e sembrava quasi attendere felicemente qualcosa....
Quindi l'agente si avvicina al ragazzo e gli toglie la fiala dalle mani e, continuando a sorridere la porge all'altro tossico farfugliando qualche frase tipo: "tié...vabbuò..?" dopodiche lo saluta ed entra nell'auto dei suoi colleghi ..e vanno via.

Quale rapporto c'era fra quelli?

disperazione.....




secondo incontro....la piovra


l'uomo è un venditore ambulante, uno dei tantissimi che si arrangiano nel modo di guadagnarsi il pane a Napoli e dintorni.
Tutti i giorni compra all'ingrosso una serie di piccoli prodotti
( block notes, penne, fazzolettini ecc) e li rivende per strada presso i passanti o anche nei negozi che trova lungo la strada.
Infatti quasi ogni negoziante "di cuore", a Napoli, conosce bene come è duro l'arrangiarsi e, se ne ha possibilità, elagisce sempre qualcosa a qualcuno degli ambulanti che passano per il negozio... in fondo un pò di fazzolettini fanno sempre comodo.
Tanti di questi "cuori buoni" facevano si, negli anni scorsi, ognuno potesse arrangiarsi, portare a casa il pane, magari non si può pagare la bolletta dell'enel ma il pane si.
Un giorno l'uomo percorre una strada che da secondigliano porta a Napoli centro e tenta di piazzare qualche prodotto ai negozianti ed ai passanti.
Qualcuno compra altri no...poi si rivolge ad alcune persone che stavano sistemando l'esposizione delle merci esterne e propone loro la sua merce
ma loro sono soltanto commessi e gli dicono di entrare nel negozio e di chiedere al "padrone"
Il nostro uomo entra e vede il propritario del negozio seduto in un ufficio a cinque-sei metri da lui e gli chiede, mentre si avvicina, se volesse comprare  qualcosa.
Risposta:"comprerei volentieri qualcosa ma...vede..questi due signori..." e solo ora il nostro ambulante nota che, seduti di fronte al proprietario, ci sono due persone silenziose con lo sguardo socchiuso ed espressione impenetrabile sembravano "padre e figlio" e guardavano un punto indefinito nell'aria appena sopra la scrivania quasi come se si vergognassero.
"questi due signori" continua il gestore con una voce velata da rassegnata ironia "sono  appartenenti ad un'altra organizzazione che,appunto, chiede soldi..e io, come vede,..sto firmando un assegno....mi spiace ma non le posso comprare nulla".
L'uomo saluta ed esce dal negozio

ma che tipo di messaggio era mai quello?  










continua...  


Incontro di Natale
*
E rivedo quel nome “senzatetto” di nuovo… 
Natale forse dà un senso speciale ai segnali non so se, 
per caso o per volontà di qualcuno. 
Ho sentito la tua voce, anche se non parlavi… 
Eri un urlo, solo, nel silenzio 
ed invocavano aiuto quelle mani 
prima di affondare… 
Fu un attimo e sparirono
come d’incanto, 
si aprì una finestra.
Chiedevano libertà quegli occhi 
che dalla grata guardavano gli alberi fuori, in alto.
E così una luce si accese 
in un intervallo buio, 
dove tu avevi continuato a vivere 
tra le tue miserie 
ed io, ignara della tua esistenza, 
la mia vita di sempre. 
E così con un messaggio ho voluto incontrare la tua esistenza che scorre vendendo poesie 
in cui racconti di te, tentando di riscattare le tue colpe disperate. 
Tra prosimetri di storie e versi 
viene intrappolata una vita stretta 
tra strada e marciapiede. 
L’aberrazione, se esiste, è tutta lì,
in una solitudine di una stazione 
nella notte del primo Natale 
passato al caldo di una sala d’aspetto, al calore di altri disgraziati, con i quali puoi scambiare solo lacrime, fame e miserie. 
Un’anima pietosa, 
un uomo che aveva perso il treno, 
vi fa brindare, dopo una cena di freddo senza cibo. 
E tu vuoi morire, 
tante volte lo hai desiderato 
e hai toccato il fondo sull’asfalto grasso e bagnato,
ma il coraggio e la pigrizia 
hanno differito la tua voglia 
di farla finita. 
Tra crisi di astinenze 
ed elemosine ricche 
hai speso denaro e vita. 
Ma sopravvivevi, 
nonostante il freddo e i buchi 
che infliggevi alla tua carne 
per soffocare i tuoi supplizi. 
E poi storie, tante storie 
così orride che poco di più 
è solo l’inferno, 
svelate a me coi messaggi: 
frasi timide, epigrafiche, 
come quelle sulle lapidi 
che mi raccontano a poco 
a poco la vita di un morto che vuole ancora vivere. 
E così, per caso, sono entrata in un mondo nuovo: gli ultimi, i derelitti, i poveri, gli straccioni, i morti di fame e di freddo, spesso alcolizzati e tossici sono diventati il centro della mia attenzione e dei miei studenti. 
Attraverso la storia di “senzatetto” la nostra sensibilità si è risvegliata e ci ha fatto amare tutte queste 
persone che, se aiutate, possono dare tanto al mondo. 
Ho voluto proporla per offrire una riflessione che non duri solo per Natale. 
Il testo è visionabile in un video pubblicato su You Tube sul 
canale Emilia Cuomo col titolo di “Incontro di Natale” realizzato coi miei studenti.
 
Scoppio primordiale
Racconto ricostruito tramite la corrispondenza tra gli studenti 
e un ex senzatetto scrittore, ormai divenuto nostro grande amico. 

Sono nato nel 1965, nel mese di febbraio e tutto quello che racconterò, per quello che riguarda i primissimi anni, sarà frutto di racconti e ricordi e ricordo bene la mamma che, riferendosi a me, nel parlare con altri, la sentivo pronunciare frasi come: “Ricordati che stava morendo da piccolo.” Ovviamente non potevo averne coscienza, ma scoprirò, molto dopo, e avrò modo di constatare di persona, che le occasioni per morire sono state numerosissime per me.
Nel capodanno dello stesso anno della mia nascita qualcuno mi ha raccontato che, mentre mi tenevano in braccio fuori al balcone di casa, improvvisamen-
te, un petardo scoppiò a pochi centimetri da me e mi causò un trauma che mi rese anoressico fino agli otto anni. 
Ho ancora qualche foto di quel periodo ed ero magro in forma sconvolgente.
Scoprirò, molto tempo dopo, che quel botto fu determinante per la mia giovinezza. 
Successivamente, ricordo che mia madre cercava in tutti i modi di farmi mangiare e che, addirittura, mi teneva stretto, come per strapparmi ad un destino feroce.
Comunque, quel petardo mi ha rubato la felicità da quel giorno ad oggi, perché anche ora mi aspetto che uno scoppio venga a spezzare un eventuale momento di gioia. In qualunque momento io stia vivendo, c’è una parte di me che “è attenta”, preparata allo scoppio. La mia felicità è legata indissolubilmente a quel trauma e credo che sempre e comunque lo sarà. Oggi ho imparato ad elaborare e razionalizzare, dopo che sono finito in una comunità di recupero per 
tossicodipendenti in Calabria circa venti anni fa. Nel centro medico della zona, mi recai a parlare con uno psicologo, il quale mi chiese cosa avrei fatto se mi fossi trovato all’ improvviso in mezzo all'oceano, cioè cosa avrei temuto. Ed io gli risposi all’istante che avrei avuto paura che qualcuno mi colpisse alle spalle… la classica paura di annegare non era presente in me.Il medico rimase stupito, ma da lì riuscimmo a risalire all’origine della mia paura: lo scoppio.
Immagino che debba essere così anche per bambini che nascono in zone di guerra… quei bambini sono miei simili. In fondo, anche io ero in una “zona di guerra”, abitavo nella Masseria Cardone, nel cuore nero della criminalità secondiglianese e, spesso, mi capitava di vedere sangue sull’asfalto. 
Le bande in guerra erano agguerrite e noi eravamo una delle pochissime famiglie senza legami con i “mariuoli”, come li definivano in alcune case. Mio padre era operaio (fervente comunista), mia madre non sapeva nemmeno scrivere o leggere, ma fece tanto per dare una buona istruzione a tutti noi, cosicché tutti diventammo insegnanti di religione, a cominciare dalla fine degli anni 70. Ma il destino aveva ben altro in serbo per me.
Passati gli anni bui cominciai ad essere un bambino normale ed ebbi, più volte, contatti ravvicinati con la morte.
Ricordo, ad esempio, che durante un temporale, una pietra di tufo si staccò da un palazzo e si disintegrò sul marciapiede a tre centimetri dalla mia testa. 
Mia madre, che era sempre con me, aveva un’espressione che lasciava capire quanto fosse dura la sua lotta col diavolo e come sarebbe stata la mia vita... lei già sapeva che ne avrei passate tante.
I sogni che ricordo erano terribili: c’era sempre del fuoco ed io mi ritrovavo sempre solo, come se qualcuno avesse rapito la mia famiglia… forse quel fuoco li 
aveva uccisi tutti... una volta c’erano tizzoni ardenti sulla strada che bruciavano: erano i miei familiari. 
Quando mi risvegliai e vidi che tutti i miei erano lì davanti ai miei occhi, pensai: “Meno male sono vivi!” 
Ma la paura non passò e mi accompagna tuttora, ogni attimo.
Non ho mai raccontato a loro questi sogni, forse perché come tutti i bambini tendevo a rimuovere i brutti ricordi...
A scuola avevo ottimi voti, ricordo ancora delle storie bellissime che leggevo sul libro delle elementari.
Un racconto si intitolava: “Tu mi hai guardato” e parlava di un signore che, rientrando a casa di sera, vide un “barbone” chiedere la carità in silenzio, con occhi supplichevoli, senza parlare. Il tale che stava rientrando nella sua abitazione, diceva di non potere 
fare nulla per lui perché c’era bisogno che tutta la società prendesse coscienza del suo stato e tanto altro che non ricordo, ma capii benissimo che il barbone sarebbe rimasto lì sulla strada e ne rimasi così colpito da pensarci sempre.
Eravamo una famiglia povera che viveva in un rione difficile, ma riuscivamo ad andare avanti con dignità. Ricordo che in casa avevamo anche delle enciclo-
pedie e tanti fumetti dai quali ho imparato tantissimo. 
Ero e sono rimasto estremamente curioso delle cose, delle storie, della scienza, ero appassionato di cani e, quando ne ebbi uno, giocare con lui era il massimo della felicità.
Ho detto il massimo? Non esageriamo… la mia è una felicità interrotta da uno scoppio primordiale. 
Mentre giocavo con il mio cane sul marciapiede della strada, ad un certo punto mi fermai e cominciai a 
pensare che quel momento sarebbe comunque finito perché in agguato c’era, sempre e comunque, qual-
cosa che aspettava solo che io fossi felice per potermi strappare la gioia. 
Le tante sagome delle persone che passavano davanti a me erano ombre indifferenti... forse con altre 
paure... vittime anche loro, ma questo lo capirò molto dopo…
So di sicuro di avere cambiato espressione e vidi anche che mia madre mi guardava … lei capiva e viveva con me quel momento.
Così, rivivendo quel momento, scrissi una poesia
 
Senza titolo
Ora so che il tuo sorriso alla vita
cambiò all’improvviso.
Come se guardandomi un giorno,
con gli occhi dell’angoscia,
avessi capito
il costo del mio destino,
che era anche il tuo di quell’istante,
che il mondo intorno intonava un canto feroce.
Tu eri con me
e solo ora che tutto si perde nei fiori
che qualcuno ti ha portato,
e nella pace delle parole senza tempo,
forse ho capito
e posso dirti grazie...
mamma.

A volte quando sono stanco per le vie di Napoli, cercando un punto in cui poter riposare, penso a mia madre, a quell’amore così grande che muove la vita, nonostante tutto. Crescendo ho 
cercato di attutire le brutte sensazioni in maniera “chimica”, facendo uso di psicofarmaci e droghe. Ma poi fui solo…


*Parte dei testi di "da una scatola di latta" di Emilia Cuomo





IL SATIRO VIAGGIANTE

Chissà quante volte vi sarà capitato di stare in un treno, più o meno affollato, ed assistere alle richieste di qualcuno che ad alta voce, da un estremo del vagone chiede soldi per vivere o altro. E chissà quante volte avete notato gli sguardi ed i commenti dei passeggeri; quanta amarezza scaricata in quel momento grazie alla valvola concessa da un disperato (comunque) elemosinante.
Specie alla sera, al ritorno dal lavoro cioè, notavo una forte
propensione all’intolleranza ed i commenti si facevano forti e non mancava chi si faceva
paladino (quintessenza del prepotente ) e interveniva fisicamente cacciando ed umiliando (ancora di piu) la persona, l’albanese, il drogato, lo zingaro, il vagabondo ecc. ecc. In ogni caso ho sempre visto che queste persone raccoglievano veramente poco, tranne una volta.
Fu una sera di fine inverno nella "cumana".
Componenti: 1) passeggeri stanchi ed annoiati; 2) disperazione e rassegnazione;
3) sorpresa..
Il "tossico" (perché si trattava di ciò senza dubbio) con una buona parlantina anziché gridare la sua tragedia si mise a chiedere soldi per bagnoschiuma e saponette poiché dal giorno
della sua fuga dal paese natìo non si era ancora lavato, ed erano anni oramai. Fra sorrisi
generali il consenso fu assoluto e la raccolta cospicua. Logico che la gente ricompensi chi la
faccia ridere e dimenticare per qualche istante le atrocità della giornata sempre uguale e sempre peggio.
Ognuno espressione di una propaganda alienante che ormai va avanti da anni e anni, ove l’individualità è trascurata da un sociale crudele. Dove le richieste di aiuto o i messaggi
arrivano da tutte le parti e restano inascoltato ma dove per ascolto si intende almeno un abbozzo di comprensione, e convogliati verso i bordi di un sistema produttivo in un complesso che sembrava
autoemarginarsi e che invece sopravvive uccidendo i nostri istinti migliori. Innescare un
procedimento simile, far cioè sorridere con la capacità di autocritica su se stessi e non, è fondamentale per la sopravvivenza in strada ma anche ad altri livelli. Alla tv, per esempio, ho notato dei comici satiri bravissimi, ma per quanto bravi possano essere, si avverte un senso di incertezza alla fine ed è logico percepire l’estraneità di chi parla, non fosse altro che lo stesso si trova a chilometri di distanza. Per strada, invece, c’è il "contatto fisico" e ci si può appagare, consci di essere stati apprezzati per quello che si dice e per come lo si dice.
Valutate appieno il personaggio che vi si propone perchè il suo mestiere è vivere e la sua arte è la sopravvivenza...offerta a voi. 
Mettete in gioco la vostra mente e il vostro istinto. Niente di meglio, infatti, ci può capitare nel partorire noi stessi anche grazie ad un satiro viaggiante. Ben venga e buon Viaggio